Consigli e informazioni

Iniziativa per lo "scambio di semi"



DOMENICA
24 Marzo 2019
dalle ore 10 alle ore 16

INCONTRIAMOCI NELL’ORTO
PER SCAMBIARCI SEMI E CONDIVIDERE
LE NOSTRE ESPERIENZE IN CAMPO BIOLOGICO


Segnalateci la vostra partecipazione per poter predisporre un numero adeguato di tavoli e panche il pranzo è condiviso. Per informazioni contattate  e-Mail: La casa semi antichi  oppure Tel  +39 .335-7121008:

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Lavori di Marzo


Il ciclo lunare è suddiviso in 4 fasi, conosciute anche come quarti, della durata di circa 7 giorni ciascuna. I primi due quarti si hanno tra la luna nuova e la luna piena, con una crescita per quanto riguarda la "luminosità" della Luna. Il terzo e l'ultimo quarto si hanno a seguito della Luna piena, quando la luce si affievolisce. La luna crescente, generalmente, indica la germinazione, i trapianti, la semina e gli innesti. In Luna crescente si raccoglie per conservare. La Luna calante indica la potatura, la falciatura, i tagli e i rinvasi. In Luna calante si raccoglie per consumare.

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Piccolo manuale dell'orticoltore



Lavorazioni del terreno
In generale le lavorazioni migliorano le condizioni fisico-meccaniche del terreno e indirettamente influiscono in modo più o meno marcato sulle proprietà chimiche e su quelle biologiche.
Fra gli scopi principali che hanno in genere le lavorazioni si segnalano i seguenti:
  1. Aumento della sofficità. Una maggiore sofficità riduce la tenacità e la compattezza del terreno, creando le condizioni ideali per favorire l'espansione delle radici e l'esecuzione di altre operazioni colturali.
  2. Aumento della permeabilità. Una maggiore permeabilità del terreno favorisce l'infiltrazione dell'acqua, evitando che ristagni o defluisca in superficie. Favorisce altresì un facile sgrondo dell'acqua in eccesso, migliorando il rapporto fra acqua e aria nel terreno. L'aumento della permeabilità permette inoltre la costituzione di riserve idriche di maggiore entità.
  3. Preparazione del letto di semina. Lo sminuzzamento delle zolle crea un ambiente adatto ad ospitare il seme in modo che le particelle terrose vi aderiscano meglio favorendone l'imbibizione e la conseguente germinazione.
Gli scopi secondari o specifici che possono avere alcune lavorazioni sono molteplici. A titolo d'esempio si segnalano i seguenti:
  1. Contenimento della vegetazione infestante.
  2. Contenimento delle perdite d'acqua per evaporazione.
  3. Livellamento della superficie del terreno.
  4. Interramento di fertilizzanti o altre sostanze
Lavorazioni manuali
Sono eseguite per mezzo di semplici attrezzi maneggiati direttamente dall'uomo. In generale si tratta di lavori particolarmente onerosi perché richiedono uno sforzo fisico non trascurabile, pertanto sono eseguiti su piccole superfici in orticoltura e in giardinaggio oppure come lavori di raffinamento spesso in arboricoltura e in orticoltura. Va però precisato che nelle aree ad agricoltura marginale o di sostentamento, in particolare nel Terzo Mondo le lavorazioni manuali occupano un ruolo predominante, solo in parte integrato dalla trazione animale.
Le lavorazioni manuali sono essenzialmente riconducibili a tre tipi:
  • Vangatura. Si esegue con la vanga. Con questa lavorazione il terreno è staccato a piccole fette che vengono rivoltate e poi sminuzzate con alcuni colpi di taglio eseguiti sempre con la vanga
  • Zappatura. Si esegue con la zappa, allo scopo di rompere il terreno, sminuzzandolo in zolle, agendo in profondità per quanto è reso possibile dalle dimensioni dell'attrezzo, dalla tenacità del terreno e dalla forza dell'uomo.
  • Zappettatura. Si esegue con la zappetta o con il bidente. A differenza del lavoro precedente, la zappettatura si esegue in genere come lavoro di coltivazione superficiale, per lo più allo scopo di eliminare piante infestanti e rompere l'eventuale crosta superficiale del terreno.

Vangatura manuale


La vangatura può essere considerata come la lavorazione manuale tradizionale per la preparazione su piccole superfici, in orticoltura e in giardinaggio prima della semina o del trapianto. Questa operazione assume pertanto il ruolo di una lavorazione principale e si offre come alternativa all'aratura, con la quale mostra diverse analogie.
Si esegue con la vanga, uno degli attrezzi più familiari nella tradizione agricola. L'operatore staziona sul terreno sodo rivolto verso la parte lavorata. La lama della vanga s'inserisce nel terreno, facendo pressione con un piede per aumentare la forza di penetrazione sulla spalla della lama o su un apposito accessorio, detto vangile. Quando la lama è affondata, l'operatore fa leva sullo spigolo del terreno sodo, sulla mano che tiene inferiormente il manico ed eventualmente con la coscia, e solleva una fetta di terra rivoltandola su quelle precedentemente ribaltate. La fetta rivoltata viene subito dopo sminuzzata con alcuni colpi eseguiti di taglio con lo stesso attrezzo per ridurre l'eventuale zollosità. Rispetto alla zappatura la vangatura rispetta meglio la struttura del terreno perché l'operatore non calpesta il terreno già lavorato.
La profondità della lavorazione è subordinata alla compattezza del terreno e alle dimensioni della lama e in generale si mantiene entro i 20-30 cm. La qualità del lavoro è tale da preparare il terreno in un'unica puntata, richiedendo eventualmente una preparazione complementare da eseguirsi con il rastrello. Sui terreni compatti può essere utile eseguire una vangatura a due strati allo scopo di approfondire la lavorazione e ottenere un risultato più energico. In definitiva la vangatura seguita dalla rastrellatura riprende concettualmente - su piccole superfici - l'aratura seguita dall'erpicatura.
Largamente adottato in passato, il ricorso a questa lavorazione ha subito un drastico ridimensionamento nelle aree agricole ad alto o medio grado di meccanizzazione e si limita a piccoli interventi di rifinitura. La vangatura implica infatti un notevole sforzo fisico e tempi di esecuzioni piuttosto lunghi, dal momento che la lavorazione di 100 m2 da parte di un addetto esperto e solerte richiede almeno 5-6 ore. Gli ambiti di applicazione attualmente si riducono al giardinaggio, mentre in orticoltura la vangatura è stata largamente sostituita dalla fresatura per mezzo di motozappe.

La concimazione

La concimazione è un’operazione che riveste una notevole importanza nella massimizzazione della produttività del nostro orto. Essa è quindi da ritenersi un’operazione indispensabile se vogliamo sfruttare al meglio le potenzialità del terreno destinato alla produzione dei nostri ortaggi.

In un passato recente, la concimazione organica era passata in secondo piano rispetto alla cosiddetta concimazione chimica; quest’ultimo tipo di concimazione è basato essenzialmente su quella che alcuni addetti ai lavori definiscono come “teoria della restituzione degli elementi nutritivi sottratti al terreno dalla coltura”. In base a questa teoria il terreno è considerato alla stregua di un mero supporto per le radici degli ortaggi o di altre piante e non come un substrato attivo. La concimazione chimica è parsa funzionare fino al momento in cui la fertilità, accumulatasi negli anni nei terreni grazie alle precedenti concimazioni organiche, non è venuta a esaurirsi. Si è quindi osservato che, nonostante l’apporto non minimale di concimi organici, la fertilità del terreno non accennava ad aumentare, anzi, molto spesso addirittura si riduceva. Ciò ha convinto molti a ripensare all’utilità della concimazione organica, alla quale, eventualmente, poteva essere affiancata quella chimica. Di fatto si è realizzato che la restituzione degli elementi nutritivi (ci riferiamo in particolar modo ad azoto, fosforo e potassio) ha senso soltanto nel caso in cui l’attività microbica del terreno mantiene una certa vivacità grazie alla concimazione di tipo organico.
Tra l’altro, se un terreno viene concimato in modo adeguato tramite concimi organici, può non essere necessario il ricorso a concimi chimici. Paragonando, un po’ pittorescamente, l’orto a un essere umano, si può dire che se ci alimentiamo in modo corretto, sia quantitativamente che qualitativamente, è pressoché inutile il ricorso all’integrazione.

Letame: il concime per eccellenza
Uno dei migliori concimi di origine organica è senz’altro il letame, un concime formato da erba secca, paglia e dagli escrementi degli animali che fermentano e vanno in decomposizione. 
Esistono vari tipi di letame; i migliori sono quello bovino, quello equino e quello dei polli (anche pollina), talvolta si utilizzano anche il letame di coniglio e quello di suino.
Il letame deve essere fatto maturare per almeno sei mesi in concimaia; qui si provvederà a bagnarlo di quando in quando con il liquido che proviene dalla massa che man mano viene accumulata.
Il letame bovino, molto comune, è un tipo di letame che viene spesso utilizzato per la concimazione di orti e giardini ed è particolarmente adatto ai terreni sabbiosi. La fermentazione di questo tipo di letame richiede mediamente circa sei mesi, ma è necessario almeno un anno di stagionatura perché dal letame fresco si ottenga un prodotto pronto per essere utilizzato al meglio. Il letame bovino contiene mediamente il 35 per mille di azoto, l’1,5 per mille di acido fosforico e il 3,5 per mille di potassio.
Il letame equino è in assoluto uno dei migliori letami; è reperibile meno facilmente del letame bovino, ma contiene principi nutritivi in quantità doppia rispetto a quest’ultimo. È un letame poco acquoso che necessita di un periodo di almeno 6-8 mesi prima di giungere a maturazione; tra l’altro questo tipo di letame non dovrebbe mai essere utilizzato quando è ancora fresco. Essendo più raro del letame bovino, il letame equino reperibile in commercio è molto più costoso.
Il letame dei polli è un altro tipo di letame che può essere efficacemente impiegato per la concimazione del proprio orto. La pollina, come il letame equino, non dovrebbe mai essere utilizzata quando è ancora fresca; va infatti messa sul terreno dopo averla fatta asciugare e accuratamente sminuzzata. Occorrono circa 6-8 mesi per una completa maturazione di questo tipo di letame.
Anche il letame di suino viene talvolta utilizzato per la concimazione; non è però un buon tipo di letame perché è molto acquoso e non particolarmente ricco di sostanze nutrienti.
Altri tipi di letame utilizzati nella concimazione dei terreni sono la cornunghia (un concime ricchissimo in azoto ottenuto essiccando e sottoponendo a torrefazione le corna e le unghie che vengono scartate durante il processo di lavorazione industriale delle carni), il sangue secco (un sottoprodotto della macellazione che risulta essere molto ricco in azoto) e la farina di pesce (un prodotto granulare che viene ricavato dalla lavorazione del pesce e che contiene buone percentuali di azoto e di fosforo).
Il letame non è soltanto utile al nutrimento organico del terreno; la concimazione infatti svolge altri importanti ruoli fra i quali ricordiamo il mantenimento delle proprietà fisico-chimiche del terreno, senza contare che svolge funzioni ammendanti migliorando la struttura di terreni che di per sé sarebbero meno validi di altri per la coltivazione degli ortaggi. Inoltre, con il suo pH lievemente tendente all’acidità, il letame contribuisce a ridurre l’alcalinità che caratterizza i terreni calcarei.
Orto: come effettuare la concimazione
Per la concimazione dell’orto, oltre ovviamente al concime, sono necessari alcuni attrezzi che, a seconda dei casi possono essere il badile, la vanga, il rastrello ecc.  
La prima concimazione che viene fatta nell’orto è una concimazione preparatoria che ha lo scopo di migliorare la fertilità del terreno orticolo. In linea generale, il momento migliore per effettuare questa concimazione preparatoria è la fine della stagione invernale (o al limite la fine dell’autunno). Si procede innanzitutto vangando il terreno fino a circa 40 cm di profondità (l’operazione può essere compiuta a seconda del tipo di terreno e della sua grandezza con l’aiuto di una motozappa, di un badile o di un piccone); si distribuirà poi il concime lungo i solchi effettuati e lo si ricoprirà rompendo le zolle di terra più grandi; con l’aiuto di un rastrello poi si provvederà a rompere le zolle più grandi rimaste e a livellare il tutto con cura. Il terreno poi andrà fatto riposare fino a quando non sarà il momento di seminare o interrare le piante.
Nel corso dell’anno si provvederà a effettuare qualche intervento di concimazione utilizzando concimi abbastanza liquidi (organici o chimici) che verranno diluiti nell’acqua che verrà utilizzata per irrigare; tali interventi andrebbero eseguiti almeno una volta al mese, fatta eccezione per i periodi più caldi dell’anno. Giunti di nuovo all’inverno si può, se lo si ritiene opportuno, intervenire con una nuova concimazione utilizzando il concime organico che oltre ad assolvere alla sua primaria funzione di nutrimento del terreno, servirà a proteggere dal freddo le radici ancora presenti, a mo’ di pacciamatura.
Semina

Quando seminare gli ortaggi secondo la luna

La luna nell’orto è un argomento molto appassionante, oltre che molto dibattuto, ma per una volta vorrei provare ad uscire da tutte le polemiche (funziona o non funziona) ed affrontarlo in modo molto semplice e basilare.
Propongo quindi un piccolo manuale da  consultare con estrema facilità, quando a qualcuno di noi verrà un dubbio su quando seminare un determinato ortaggio rispettando le fasi lunari, seguendo quelle indicazioni che fin dalla ‘notte dei tempi’ (questo modo di dire mi sembra quanto mai appropriato) la luna ha suggerito ai nostri nonni o ai vecchi contadini di una volta.
Prendiamo l’elenco che seguirà con leggerezza, non prendiamolo come una regola ferrea a cui doversi attenere scrupolosamente e obbligatoriamente, pena la morte di tutti gli ortaggi! Non sarà così. Talvolta le condizioni meteorologiche, il tempo a nostra disposizione e mille altri fattori possono determinare il tempo di semina, e molte volte non è possibile farlo coincidere con i consigli del calendario lunare. Pazienza, non facciamone un dramma! I nostri ortaggi cresceranno ugualmente. Sarebbero cresciuti meglio e più immuni alle malattie? Chi lo sa? Prendiamoci cura di loro e andrà bene ugualmente!
Cosa seminare in luna crescente:
gli ortaggi da frutto (cetriolo, meloni, pomodori, zucchine, zucche, melanzana, peperone, anguria) e le leguminose (fave, piselli, fagioli, fagiolini, fagiolo nano) Ma poi ci sono delle eccezioni: la carota e il prezzemolo, perché sono ortaggi a crescita lenta e luna crescente ne stimola lo sviluppo; il basilico che si semina in luna crescente, ma si trapianta in luna calante; rucola, agretto, cardo. In luna crescente si seminano e si trapiantano anche le aromatiche: acetosa, aneto, coriandolo, crescione, cumino, menta, erba cipollina, origano, ecc.
Cosa seminare in luna calante:
gli ortaggi da foglia per evitare che vadano presto a seme (lattuga cappuccio, lattuga da taglio, radicchio, valerianella, bietola da coste, indivia riccia, scarola, spinacio) e quelli da bulbo o da radice (aglio, cipolla, patata, rafano, topinambur, porro, rapa, ravanello, scalogno, barbabietola, ma anche finocchio e sedano). In luna calante  anche la messa a dimora dei carducci e dei polloni del carciofo.
Per quanto riguarda le varie specie di cavoli (cavolfiore, cappuccio, broccolo, verza, ecc.) esistono due scuole di pensiero: molti li seminano in luna calante (cappuccio, verza), ma alcuni li seminano in crescente e li trapiantano in calante. Sembrano però tutti d’accordo su quella del cavolfiore e del cavolo broccolo che si effettua in crescente.
Non solo sui cavoli i pareri talvolta sono contrastanti, bene in questa sede non ho la pretesa di dare indicazioni indiscutibili e assolute, ma ho dato semplicemente i suggerimenti che mia madre mi ha tramandato e che poi ho verificato per lavoro con quelle di molti altri calendari lunari. Se altre fonti dicono il contrario, ciascuno è libero di scegliere secondo la propria sensibilità o esperienza.
Infine consiglio sempre agli ‘scettici’ e agli ‘sperimentatori’ di verificare di persona l’efficacia di queste pratiche. Basterà seminare una parcella di lattuga, di bietola o di semplici ravanelli e dopo 15 giorni, utilizzando i semi della stessa bustina, effettuare una seconda semina in una nuova parcella e constatare così di persona, dopo 30-40 giorni, le differenze registrate e quale delle due semine sembra meglio riuscita.

Attrezzi dell’orticoltore
Indispensabili per iniziare i lavori

vanga.png            vanghetta lama quadra.png           Forca grossa.jpg


         Vanga                                    Vanga quadra                  Forca denti grossi


Forca.png                Rastrello.png                  Zappino.png


          Forca                                         Rastrello                              Zappino


 


colticatore 3 denti.png                    Trapiantatore.png                  forbice.png


     Colticatore                      Trapiantatore                                      Forbice



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Calendario delle semine


Calendario delle semine, utile per la coltivazione dell'orto individuando il periodo migliore per le semine di tutti gli ortaggi.

Gennaio
Febbraio
Marzo
Aprile
Carote
Cavolfiori
Cipolle
Fave
Lattughe
Melanzane
Meloni
Peperoni
Piselli
Porri
Prezzemolo
Ravanelli
Rucola
Spinaci
Valeriana
Zucchini
Carote
Cavolfiori
Cipolle
Fave
Lattughe
Melanzane
Meloni
Peperoni
Piselli
Porri
Prezzemolo
Ravanelli
Rucola
Spinaci
Valeriana
Zucchini
Angurie
Asparagi
Barbabietole
Basilico
Bieta
Carote
Cavoli
Cime di rapa
Cipolle
Fave
Finocchi
Indivie
Lattughe
Melanzane
Meloni
Peperoni
Piselli
Pomodori
Porri
Prezzemolo
Rucola
Zucchini
Angurie
Asparagi
Barbabietole
Basilico
Bieta
Carote
Cavoli
Cetrioli
Cime di rapa
Cipolle
Finocchi
Indivie
Lattughe
Melanzane
Meloni
Peperoni
Piselli
Pomodori
Porri
Prezzemolo
Rucola
Zucche
Zucchini
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto
Angurie
Asparagi
Barbabietole
Basilico
Bieta
Broccoli
Cardi
Carote
Cavoli
Cetrioli
Indivie
Lattughe
Melanzane
Meloni
Peperoni
Piselli
Pomodori
Porri
Prezzemolo
Rucola
Scarola
Zucchini
Barbabietole
Bieta
Broccoli
Cardi
Carote
Cavolfiori
Cavoli
Cetrioli
Cicoria
Fagioli
Indivie
Lattughe
Meloni
Pomodori
Prezzemolo
Ravanelli
Rucola
Sedano
Zucca
Zucchini
Bieta
Cavolfiori
Cavoli
Cicoria
Fagioli
Indivie
Lattughe
Prezzemolo
Rapa
Rucola
Zucchini
Bieta
Carote
Cipolla
Cicoria
Finocchio
Fagioli
Indivie
Lattughe
Prezzemolo
Rapa
Ravanelli
Rucola
Scarola
Zucchini
Settembre
Ottobre
Novembre
Dicembre
Cime di rapa
Carote
Cipolla
Indivie
Lattughe
Prezzemolo
Piselli
Rapa
Ravanelli
Scarola
Spinaci
Carote
Fave
Lattughe
Piselli
Ravanelli
Spinaci
Carote
Fave
Lattughe
Piselli
Ravanelli
Spinaci
Carote
Fave
Lattughe
Piselli
Ravanelli
Spinaci



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Stevia



La Stevia Rebaudiana è una pianta perenne della famiglia dei crisantemi che cresce in piccoli cespugli su terreni sabbiosi ed in montagna.
E' originaria di una zona a cavallo del confine tra il Paraguay ed il Brasile ed in piena maturazione raggiunge gli 80 cm di altezza. Ha foglie verdi di forma oblunga con il bordo leggermente seghettato e fiori molto piccoli di colore bianco.
Conosciuta già nell'antichità da alcune tribù d'Indiani del Sud America che la utilizzavano abitualmente per dolcificare bevande e alimenti deve la sua diffusione a un botanico italiano, Santiago Bertoni che ne studiò le caratteristiche e i possibili usi.

Come si usa
  • Foglie fresche
  • Foglie in polvere (20/30 volte più dolci dello zucchero)
  • Estratto in polvere (200/300 volte più dolce dello zucchero)
  • Concentrato liquido da estrazione acquosa e/o idroalcolica (circa 70 volte più dolce dello zucchero).
  • Bustine e compresse dolcificanti
  • Prodotti in polvere ad alto volume
La scelta dipende dall'uso che abbiamo deciso di farne.
Nel caso abbiate trovato la pianta di Stevia e decidiate di preparavi da soli la polvere ricordate che la raccolta deve essere fatta avendo cura di lasciare due nodi pronti per la successiva vegetazione sulla pianta madre.
I rami recisi potranno essere messi ad essiccare in mazzetti appesi, oppure adagiati su di una rete in un locale ventilato ed all'ombra finché saranno completamente essiccati.
A questo punto basterà sbriciolare finemente le foglie usando un normale mixer da cucina.
La polvere dolcifica circa 20 volte in più dello zucchero e può essere aggiunta sia alle bevande che agli alimenti. Potete anche convertire la polvere in sciroppo basta sciogliere un teaspoon (che non è proprio un cucchiaino...) in due cup di acqua (nemmeno queste sono proprio tazze...). Fate bollire finchè non si sarà ritirata abbastanza acqua da formare uno sciroppo.
Ricordate però che sia la polvere che lo sciroppo ottenuto hanno un marcato retrogusto per cui è difficilmente mascherabile. In genere negli alimenti così come nelle ricette che in seguito vi forniremo, si utilizza l'estratto di stevia bianco.
Le foglie le potete masticare anche da sole come si fa per il gambo di liquerizia. Rimane un piacevole sapore in bocca che riduce il senso di fame e può essere un'alternativa agli snack che si consumano solo per toglierci la "voglia di qualcosa di dolce".
L'estratto si trova in polvere ed è quello più utilizzato in Giappone dove la Stevia si utilizza dal 1970. Dolcifica 300 volte in più dello zucchero.
Sotto questa forma la Stevia può davvero trovare innumerevoli utilizzi ed essere un efficace sostituto dello zucchero (per abbassare le calorie) o dei dolcificanti sintetici (visto che non è del tutto accertata l'assenza di effetti collaterali a medio-lungo termine). A seconda della marca potete trovare un estratto che abbia un retrogusto più o meno marcato di liquerizia, ma non è possibile comunque eliminarlo del tutto quindi escludete di poter usare la Stevia come unico sostituto dello zucchero.
Il concentrato liquido di Stevia che trovate in commercio è di due tipi, uno chiaro e uno scuro.
Quello scuro è utilizzato per i suoi effetti medicamentosi. Ha infatti beneficio per il pancreas, è antifungino e antibatterico.
Per poterlo utilizzare dovete fare bollire 500 g di acqua e aggiungervi 1/2 oncia (14 g) di Stevia liquida e poi lasciare bollire per qualche minuto. Conservate il liquido in una bottiglietta di vetro in frigorifero.
Se invece avete acquistato il liquido chiaro (che è quello più utilizzato) allora lo utilizzerete per dolcificare bevande e alimenti. Basta disciogliere un teaspoon (5 ml) di stevia in 3 tablespoon (45 ml) di acqua filtrata. Conservatelo in frigo.
L'estratto liquido di STEVIA potrà essere preparato con alcool a 95° (100 grammi per litro nel caso della polvere e 350 g per litro nel caso delle foglie fresche) e lasciando macerare il tutto 12 giorni (polvere) o 15 giorni (foglie fresche); basterà poi filtrare la soluzione e diluire l'alcool aggiungendo acqua nella proporzione di 1/2 litro d'acqua per litro d'alcool nel caso della polvere ed 1/3 di litro d'acqua nel caso delle foglie fresche. Per ridurre la quantità d'alcool basterà poi riscaldare la soluzione a fuoco lento (senza portarla ad ebollizione) in modo che l'alcool possa evaporare.
Successivamente si potrà, volendo, concentrare la soluzione a piacere facendola bollire; si potrà così arrivare fino alla consistenza dello sciroppo. Per ottenere un estratto con la capacità dolcificante pari a 70 volte circa quella dello zucchero si dovrà concentrare la soluzione di cui sopra (partendo da 1 litro di alcool) fino a portarla al peso di 200 grammi. A questo punto si sarà ottenuto l'equivalente di circa 14 chili di zucchero.
In commercio si trovano prodotti più comodi da utilizzare, come le compresse o le bustine: sono fatti per sostituire una bustina di zucchero o un cucchiaino. Esistono anche prodotti costituiti da maltodestrine, che hanno le calorie dello zucchero ma sono molto più voluminose a parità di peso. Un cucchiaino di maltodestrine ha solo 0,5 g, dunque anche le calorie sono trascurabili (2 kcal per cucchiaino). Ovviamente tale quantità di maltodestrina non sarebbe sufficiente come dolcificante: il potere dolcificante viene garantito dalla stevia, aggiunta in quantità tale da dare a un cucchiaino di prodotto circa lo stesso potere dolcificante di un cucchiaino di zucchero. Questi prodotti sono in genere piuttosto costosi, molto di più dell'estratto di stevia puro.
Ultimamente stanno comparendo anche marmellate e preparati per dolci a base di stevia, facilmente reperibili su internet.

Stevia come sostituto dello zucchero

Chi non cerca un dolcificante totalmente naturale, a basso valore calorico, senza grassi, senza maltodestrine?
Lo zucchero raffinato è un carboidrato AIG, un uso eccessivo fa aumentare il livello d'insulina nel sangue quindi se assunto in eccesso si trasforma in grasso. Le alternative artificiali allo zucchero come l'aspartame sono una possibile risposta ma non la migliore se si considera che a caldo non dolcificano (e quindi non possono essere utilizzati per dolci e biscotti da forno) e hanno comunque un retrogusto sgradevole.
La Stevia può essere una valida risposta visto che è naturale, non apporta calorie e non ha controindicazioni (nemmeno a lungo termine).
Tutti possono trarre beneficio dall'uso della Stevia, ma in particolare i diabetici, chi per problemi di peso deve ridurre l'apporto calorico e i bambini.
I diabetici finora, avevano come unica alternativa allo zucchero i dolcificanti artificiali. Un eccessivo consumo di queste sostanze può causare problemi di salute se protratto nel tempo, soprattutto in alcuni soggetti particolarmente sensibili. Alternando invece la Stevia con i dolcificanti artificiali si può ridurne il consumo e limitare il rischio di effetti collaterali.
Se si pensa che 2 cucchiaini di zucchero hanno 40 calorie e che mediamente in America si assumono giornalmente 650 Kcal al giorno provenienti da zucchero, è chiaro intuire come la sostituzione dello zucchero con sostanze che non apportano calorie possa essere di grande aiuto per perdere peso. Se oltretutto lo possiamo fare senza assumere o limitare il consumo di sostanze potenzialmente dannose....
I bambini consumano sempre più spesso gelati, patatine e quant'altro venga offerto loro dall'industria dolciaria che dal canto suo per affezionarli a sè abusa di grassi e zuccheri. Quest'ultimo è uno dei responsabili dell'aumento dell'obesità. Sostituire anche solo parzialmente lo zucchero raffinato con la Stevia, limitando l'uso dei dolcificanti artificiali, può senza dubbio essere d'aiuto per prevenire l'aumento di peso dei ragazzi.
In Giappone, la Stevia è addizionata agli alimenti e alle bevande da più di 20 anni: più precisamente si dolcificano caramelle, gomme da masticare, alimenti secchi e cereali, yogurt e gelati, tè e sidro, dentifrici e collutori, ma viene utilizzata anche per alimenti salati, dove contribuisce ad attenuare il gusto del sale (tipico della cultura agrodolce della cucina orientale).
La Stevia viene utilizzata per dolcificare molte bevande, perfino la Diet Coke. Il gusto della Stevia è unico: insieme al suo dolce sapore si avverte un leggero retrogusto di liquirizia. Questo, purtroppo, è anche il suo limite.

La potete trovare in vasetti pronti per il trapianto presso lo Spaccio dell’Istituto Tecnico Scolastico di Agraria di Bergamo

“Amici del Giardino Comunitario – Auser” di Bergamo

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Fasi lunari per la semina




Nell’Orto

Nella fase di Luna crescente si effettua la maggior parte delle semine. L’influsso che la Luna ha sui succhi vegetali viene in genere sfruttato per ottenere una rapida crescita delle primizie, dei rampicanti (fagioli, piselli) e delle piante a crescita lenta (prezzemolo). Anche la carota, come gran parte delle ombrellifere, è un ortaggio a crescita lenta, quindi se si desidera agevolare la crescita dei fittoni va seminata in Luna crescente. Lo stesso dicasi per la barbabietola e rapa che, così facendo, vedono anche aumentare la loro resistenza agli attacchi parassitari.


Piselli, fave e lenticchie accrescono la produzione se seminati 4/5 giorni prima del plenilunio.



In Luna calante si consiglia di seminare la lattuga: se l’operazione viene infatti effettuata in fase crescente, il cespo tende ad andare rapidamente a seme, a discapito della tenerezza delle foglie.
Anche le cipolle vanno seminate in questa fase: la Luna influisce sulla circolazione della linfa vegetale verso il basso, a tutto vantaggio del sapore dei bulbi e del prolungamento della vita delle piante.
Per strappare le erbacce, scegliere il momento della Luna calante, preferibilmente in Capricorno. Sempre in Luna calante effettuare i trattamenti contro i parassiti


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Proprietà delle cipolle


Nel 1919, quando l'influenza ha ucciso 40 milioni di persone c'era questo medico che ha visitato i molti agricoltori per vedere se poteva aiutarli a combattere l'influenza ...Molti degli agricoltori e delle loro famiglie avevano contratto la malattia e molti morirono.

 Il medico venne presso un contadino e con sua grande sorpresa, constatò che tutti in famiglia erano molto sani. Quando il medico chiese cosa stesse facendo l'agricoltore perché in famiglia erano tutti sani, la moglie rispose che aveva messo una cipolla non sbucciata in un piatto nelle stanze della casa, (probabilmente solo due camere allora). Il dottore non riusciva a crederci e gli chiese se poteva avere una delle cipolle per esaminarla al microscopio . Il contadino diede al dottore una di quelle cipolle e, guardando al microscopio il medico trovò il virus dell’influenza nella cipolla, la quale aveva assorbito i virus mantenendo la famiglia sana.

 Ora, ho sentito quest’altra storia dal mio parrucchiere.

Diversi anni fa, molti dei suoi dipendenti erano giù per avere preso l'influenza, e così molti dei suoi clienti. L'anno successivo ha disposto diverse ciotole con cipolle in giro nel suo negozio. Con sua sorpresa, nessuno del suo staff si è ammalato. Si deve lavorare. Provate e vedrete cosa succede. Lo abbiamo fatto l'anno scorso e non abbiamo mai avuto l'influenza.

 Ora ho mandato uno scritto ad un amico in Oregon, che collabora regolarmente con me mandandomi materiale sanitario. Lui mi ha risposto con questa esperienza più interessante sulle cipolle:

 Grazie per avermelo ricordato. Io non so la storia del contadino ... ma, so che ho contratto la polmonite, e, manco a dirlo, sono stato molto male ... Mi sono imbattuto in un articolo che diceva di tagliare entrambe le estremità di una cipolla, metterla in un barattolo vuoto e posizionare il vaso accanto al paziente malato di notte. Ha detto che la cipolla sarebbe diventata la mattina dopo nera di germi ... di sicuro è successo proprio così ... la cipolla era un disastro e ho io ho cominciato a stare meglio.

 Un'altra cosa che ho letto in questo articolo è che le cipolle e l'aglio disposti intorno alla stanza hanno salvato molti dalla peste nera, alcuni anni fa. Hanno potenti antibatterici, proprietà antisettiche.

 Adesso parliamo del perché, a volte, le cipolle fanno male.

 Un sacco di volte, quando abbiamo problemi di stomaco non sappiamo a cosa dare la colpa. Forse la colpa è della cipolla. Infatti le cipolle assorbendo i batteri sono così brave da impedirci di prendere raffreddori e influenze, ed è proprio questa la ragione per cui non si deve mangiare una cipolla dopo troppo tempo da che è stata tagliata, perché ha assorbito i batteri dannosi.

Ho avuto il privilegio di un meraviglioso tour tra i prodotti alimentari Mullins, Makers di maionese. Ho posto delle domande sulle intossicazioni alimentari, e voglio condividere quello che ho imparato da un chimico.

La nostra guida è un mago della chimica degli alimenti. Durante il tour, qualcuno gli ha chiesto se abbiamo davvero bisogno di preoccuparsi della maionese. Le persone sono sempre preoccupate che la maionese potesse guastarsi. La risposta vi sorprenderà. Egli ha detto che tutte le maionesi in commercio sono completamente sicure.

 "Le maionesi non hanno nemmeno bisogno di essere refrigerate anche se non c’è nulla di male a metterle in frigorifero." Ha spiegato che il pH nella maionese si trova ad un punto che i batteri non possono sopravvivere in questo ambiente. Ha poi parlato del pic-nic estivo, con la ciotola di insalata di patate sul tavolo, e di come tutti accusano la maionese quando qualcuno si ammala.

 Egli afferma che, quando succede un'intossicazione alimentare, la prima cosa che i medici dobrebbero cercare è se le vittime abbiano mangiato cipolle, quando le hanno mangiato e se tali cipolle provengono da un’insalata con patate. Egli dice che non è la maionese ad aver procurato l’intossicazione, ma probabilmente le cipolle, e se non le cipolle affettate da troppo tempo , magari le patate.

 Ha spiegato che le cipolle sono un enorme magnete per i batteri, in particolare le cipolle cotte. Non si dovrebbe mai conservare una parte di una cipolla affettata , perché non è sicura nemmeno se la metti in un sacchetto a chiusura lampo e dentro al frigorifero.

 La cipolla e 'già abbastanza contaminata solo per essere stata fuori per un po’ dopo essere stata tagliata, e può essere un pericolo per te (e doppiamente attenzione per chi le cipolle le mette in hotdog al parco di baseball!). La nostra guida dice ancora che se si prende la cipolla rimanente e la si cuoce molto, probabilmente è tutto bene, ma se metti nel panino una cipolla tagliata da tempo, sei in cerca di guai. Quando vai in panineria, non fare mettere cipolle nel panino. Sia le cipolle che le patate umide in una insalata di patate attireranno e faranno crescere i batteri più velocemente di qualsiasi maionese commerciale.

Inoltre, i cani non devono mai mangiare cipolle. I loro stomaco non riesce a metabolizzare le cipolle.

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Il Manuale dei semi


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Piante aromatiche: come ottenere una talea


La talea è il battesimo di ogni giardiniere. Quando sarete riusciti ad ottenere una nuova pianta da un pezzetto di legno piuttosto insignificante, sarete entrati definitivamente nel ‘magico mondo dei giardinieri’ e non ne uscirete più. E’ inutile negarlo: la riproduzione è la parte più entusiasmante di tutta la faccenda! Ogni rametto si trasformerà ai vostri occhi in una possibile nuova pianta e ogni qualvolta andrete per giardini non resisterete alla tentazione di riempirvi le tasche di verdi frammenti.

E su questo ho un consiglio da darvi: non amputate le piante a casaccio solo perché vi piacciono! Lo so non è facile resistere, ma è sempre meglio chiedere l’autorizzazione: spesso chi coltiva è felice di condividere e insieme alla talea vi darà anche qualche prezioso consiglio per all’attecchimento. Perché non tutte le talee sono uguali! Sarebbe troppo facile, quindi come sempre procediamo per gradi.

Sicuramente le talee di rosmarino, alloro e salvia, sono tra le più semplici e possono esserci molto utili quando dovremo rinnovare le vecchie piante o semplicemente implementare le nostre aiuole. Scegliamo in estate dei getti senza fiore, io preferisco quelli appena legnosi, e tagliamoli appena sotto il nodo, ovvero sotto l’attaccatura fogliare. Saranno sufficienti 5/6 cm di lunghezza. Toglieremo poi con delicatezza tutte le foglioline dalla parte che andremo ad interrare, circa 2/3 cm, e spunteremo leggermente l’apice. Se useremo vasi piccoli possiamo mettere una talea per vaso oppure metteremo più talee in un vaso più grande. Il terriccio sarà composto per metà da torba e per metà da sabbia, come quello che si utliizza normalmente per la semina.

Usare o non usare la polvere radicante a base di ormoni stimolanti? Per questo tipo di talee a mio avviso non è necessario, ma c’è chi la usa sempre e comunque.  A voi la decisione finale.

Molto importante sarà invece non fargli mai mancare il giusto grado di umidità, tenere le talee lontane da sbalzi climatici, garantire loro luminosità, evitando i raggi diretti del sole. Se non disponiamo di un posto protetto, potrebbe essere utile coprire il vaso con un telo di plastica, sorretto da alcuni bastoncini. Annaffiate con cautela e ricordate:  terreno umido ma non inzuppo!  Entro 4/6 settimane si dovrebbero vedere i risultati. E se non riuscite al primo tentativo non prendetevela con il vostro pollice, nero o verde che sia! Il successo o  l’insuccesso, quando si parla di piante, è sempre imputabile a mille cause. Quindi non mollate e riprovate…

E se in seguito volete iniziare a farvi una piccola cultura in fatto di talee guardatevi questo video ‘Talea erbacea, semilegnosa o legnosa‘, devo ammettere che un po’ noiosetto, ma chiaro e preciso.

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TERRA MADRE DAY: 100 VIGNE PER 1000 ORTI IN AFRICA



Per finanziare il grande progetto ecco questa serata di solidarietà: in vendita ai presenti i Vini della Condotta ed una serie di altri grandi vini delle annate più prestigiose per raccogliere i fondi necessari. Giovedi 15 dicembre 2011, ore 20,00
In Africa, i coordinatori locali del progetto hanno già coinvolto 291 comunità. Nel resto del mondo, la rete internazionale di Slow Food si sta mobilitando per raccogliere i fondi necessari alla realizzazione degli orti. A oggi, ne sono stati adottati 325.

Il Progetto prevede 500 orti finanziati dalle Condotte Italiane e 500 orti finanziate dalle altre condotte del mondo.
L’adozione di un orto richiede un contributo di 900 euro e può essere fatta da singoli Soci, amici aziende comunità istituzioni che condividono gli obiettivi e le caratteristiche del progetto. Per adottare un orto:
http://fondazioneslowfood.com/pagine/ita/orti/pagina.lasso?-id_pg=52

La serata comporterà un menu semplice, un antipasto, un risotto e un dolce, per lasciar tempo all’asta dei vini. vedi
Sede: Sorsi & Bocconi – Via Mazzini 176 – Albino (Bg) – tel. 035 755 321 – sorsiebocconi@ilbeccofino.it
Costo: € 25,00 per Soci Slow Food e Giovani U31; € 30,00 per non ancora Soci e simpatizzanti
Posti disponibili: 35

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I LAVORI DI DICEMBRE NELL'ORTO


ORTAGGI IN PIENO CAMPO





Si devono concludere le lavorazioni del terreno per lasciarlo riposare, l’azione delle piogge e del gelo lo affineranno in attesa delle semine primaverili.
In questo periodo di assoluta calma proseguono i lavori di manutenzione degli attrezzi che si usano normalmente, di riordino delle zone di calpestamento tra i vari appezzamenti, aggiungendo o sostituendo eventuali assi o mattoni utilizzate come camminatoi per evitare di infangarsi nelle giornate piovose.
Le raccolte sono limitate: Cardo imbiancato, i Carciofi, le Cima di rapa, i Cavoli, le Carote, l’Indivia e Scarola, le Lattughe da taglio, il Prezzemolo, le Puntarelle, la Rapa, la Rucola e la Valeriana, Lo Spinacio, il Sedano.
Si possono seminare in ambiente protetto le Lattughe e Radicchio da taglio, oltre a Melanzana, pomodoro, Peperone, Zucchino, Ravanello, Spinacio, Valerianella, Rucola, si può seminare in pieno campo il Pisello e la Fava, mentre si trapiantano in pieno campo la Cipolla, l’ Aglio, il Porro, le zampe di Asparago e il Carciofo.
Si devono fare trattamenti insetticidi e fungicidi con prodotti appositi per controllare la diffusione di malattie. Distribuire lumachicida per evitare che le voraci lumache che possono “distruggere” le foglie delle piante e delle lattughe e che si manifestano diffusamente dopo le piogge tipiche del mese.

Utilizzare teli plastici trasparenti o ”tessuto-non-tessuto” per proteggere le piante dal freddo. Concimare con sostanza organica e concimi potassici.
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Erbe e fiori in cucina

Quante nuove ricette. Piatti originali dalla collaborazione con ristoratori e artigiani
Certo la taglia è un po' ridotta, ma per vedere un bel campo di lavanda in fiore, di quell'inconfondibile colore viola-turchese, non c'è bisogno di andare fino in Provenza. Basta salire in frazione Cerrete di Solto Collina, in alto sul crinale tra il lago d'Iseo e quello di Endine, per raggiungere l'azienda agricola In Collina. In un prato circondato dai boschi, costantemente arieggiato e rinfrescato (la Valle del Freddo è confinante), Gabriella e Giorgio Lottici hanno dato vita alla più organizzata coltivazione di erbe e fiori alimentari ed officinali della bergamasca. 

Come detto tutto in piccolo, non immaginatevi estensioni a perdita d'occhio, piuttosto un concentrato di essenze (sono più di una sessantina quelle prodotte con continuità) per un profluvio di colori e di profumi che si integrano perfettamente con l'ambiente circostante. 

Il tutto nasce una dozzina di anni fa quando Giorgio Lottici, già pranoterapeuta e quindi abituato a maneggiar creme ed unguenti naturali, recupera un progetto-studio realizzato dalla sede staccata di Edolo dell'Università di Agraria di Milano riguardante la coltivazione delle erbe in ambiente montano. Un progetto che sarebbe rimasto come spesso capita sulla carta se nel frattempo la moglie Gabriella non avesse ereditato quella piccola tenuta di Cerrete che sembrava fatta apposta per metterlo in pratica. 

Dopo averla eletta a loro residenza e trasformata in un delizioso bed & breakfast, invece di regalarsi una tranquilla pensione, Giorgio e Gabri iniziano piantando le erbe più consuete e conosciute, dai vari tipi di timo alla malva, dalla lavanda alla melissa, dalla salvia al rosmarino. Ma quelle dodici essenze del protocollo non potevano bastare, né si poteva puntare solo sulla produzione del fresco, interessante quanto si vuole ma pur sempre stagionale e specialistico. Man mano la collezione è stata ampliata comprendendo anche fiori e piante officinali provenienti da lande lontane ma sempre compatibili con il clima di Cerrete e la filosofia di coltivazione che sin dal primo momento ha abbracciato il biologico. 

Adesso se ne contano una settantina, comprese specie molto singolari di cui vengono utilizzati i fiori come l'echinacea purpurea e la verga d'oro, o ancora la monarca dai bellissimi fiori di un colore rosso acceso. Contestualmente è stato attrezzato anche un piccolo e funzionale essiccatoio in grado di ospitare i fiori e le erbe raccolti in tempo balsamico, ovvero nel momento in cui hanno raggiunto la massima concentrazione dei principi attivi che caratterizzano ogni varietà. 

A temperatura e umidità controllate ma mai superiori a quelle esterne per non «stressarle», vengono essiccate e confezionate una ad una, in assoluta purezza. Niente miscugli per non intaccare le singole virtù e condizionare gli usi cui possono essere destinate, cosmetici, medicinali o alimentari, il capitolo che ci riguarda più da vicino e che Giorgio Lottici sta sviluppando in collaborazione con i ristoratori e artigiani (vedi per i prodotti da forno l'apposito spazio in questa pagina). Tra i piatti più interessanti realizzati dai suoi amici cuochi ravioli alla malva, risotti alla calendula, alla monarca e al fiordaliso (in scala cromatica e di intensità di profumi), freschissimi dolci alla menta e nepitella. 

Ma l'elenco potrebbe essere infinito, tante e tali sono le opportunità di utilizzo in cucina delle erbe e dei fiori del Cerrete. Insieme a tante altri informazioni, alcune sono state inserite nell'opuscolo fresco fresco di stampa curato dalla Provincia «Alla scoperta delle erbe officinali».

Elio Ghisalberti - L'Eco di Bergamo - Domenica 03 Luglio 2011 SPECIALI, pagina 53
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Orto rotazione colture

La rotazione delle colture nell’orto è necessaria per avere piante rigogliose e raccolti  abbondanti.
Ipotesi di rotazione o avvicendamento per le colture Orticole
 
Rotazione biennale
1° anno: ortaggi da foglia
2° anno: ortaggi da frutto, da bulbo o da radice
 
Rotazione triennale
1° anno: ortaggi da foglia
2° anno: ortaggi da frutto, da bulbo o da radice
3° anno: ortaggi da seme
 
Rotazione quadriennale:
1° anno: ortaggi da foglia o da frutto
2° anno: o da radice
3° anno: ortaggi da seme
4° anno: ortaggi da tubero
oppure:
1° anno: ortaggi da tubero e da foglia, in consociazione
2° anno: ortaggi da frutto o da seme
3° anno: ortaggi da radice e da bulbo, in consociazione
 
Esempio di rotazione pluriennale
1°: barbabietole rosse, zucche, fave, fagioli turchi
2°: cipolle estive, indivia o catalogna o scarola, fagiolini, lattuga
3°: cipolle estive, melanzane, piselli, rape
4°: cipolle estive, peperoni, piselli, sedani
5°: cipolle estive, pomodori, peperoni, melanzane
6°: cipolle estive, sedano, fave, ravanelli
7°: fave, spinaci, patate precoci, fagiolini
8°: patate precoci, cavolfiori, piselli, pomodori
9°: piselli, sedani d’inverno, fagiolini, lattuga
10°: piselli, sedani d’inverno, peperoni, indivia o scarola o catalogna
11°: zucche precoci, finocchi, lattuga, fave, rape
12°: zucche precoci, finocchi, lattughe, cavolfiori
13°: zucche precoci, finocchi, lattughe, piselli, spinaci


Coltivare per più anni sullo stesso terreno sempre le stesse colture crea diversi inconvenienti come:
- il rigetto del terreno impoverimento del terreno degli stessi elementi nutritivi
- scarsi raccolti
- comparsa di malattie parassitarie
 
Il verificarsi di questi inconvenienti impone l‘avvicendamento delle colture secondo uno schema ben noto detto rotazione.
Tra i sistemi di rotazione quello più idoneo è sicuramente il sistema di rotazione quadriennale.
 
Rotazione quadriennale
Il sistema di rotazione quadriennale sudivide il terreno destinato ad accogliere le colture in 4 sezioni dove si alternano le colture.
 
Primo anno
patate – legumi e cavoli
 ortaggi da radice- ortaggi da foglia.
 
Secondo anno
Ortaggi da foglia - ortaggi da radice
legumi e cavoli- patate
 
Terzo anno
legumi e cavoli – ortaggi da foglia
patate -ortaggi da radice

La rotazione consiste nell'alternare nello stesso pezzo di terreno la coltivazione di ortaggi diversi. Uno dei sistemi di rotazione più indicati per i piccoli orti familiari è quello basato sulle differenti esigenze nutritive dei singoli ortaggi, suddivisi a questo scopo in tre grandi gruppi:
1) forti consumatori di sostanze nutritive (tutti i cavoli tranne il cavolo rapa, cetriolo, insalate, melanzana, melone, patate, peperone, pomodoro, sedano, sedano rapa, spinaci, zucche, zucchina)
2) medi consumatori (aromatiche in generale, aglio, barbe rosse, bietole, cavolo rapa, carote, cicoria, cipolle, finocchio, porro, radicchio, ramolaccio, ravanelli, rucola, scorzonera
3) deboli consumatori (fagioli, fagiolini, fava, pisello, prezzemolo).

In pratica si tratta di suddividere l'orto in tre aiuole che per semplicità indicheremo rispettivamente con A, B e C. Nell'aiuola A (la più ricca di sostanza organica ed elementi minerali) saranno coltivati gli ortaggi forti consumatori. Nell'aiuola B (caratterizzata da una dotazione media di nutrienti) si coltiveranno gli ortaggi del secondo gruppo ed infine nella terza aiuola, la più povera di elementi nutritivi, si semineranno gli ortaggi meno esigenti. Nei cicli successivi nell'aiuola B si semineranno le piante appartenenti al gruppo dei medi consumatori (in grado di sfruttare la fertilità residua) alle quali seguiranno poi le piante del terzo gruppo, rappresentate essenzialmente da leguminose, in grado di fissare l'azoto atmosferico e arricchire il terreno di sostanza organica e quindi migliorare il terreno che così potrà ospitare le piante più esigenti e riaprire il ciclo.

Un altro sistema di rotazione molto diffuso tra gli orticoltori biologici prende in considerazione i diversi sviluppi vegetativi degli ortaggi che perciò vengono suddivisi in quattro gruppi ben distinti:
1) ortaggi da frutti (anguria, cetriolo, fagioli, fagiolini, fave, melanzane, melone, piselli, peperoni, pomodori, zucche, zucchini)
2) ortaggi da foglia (cavoli in genere, cicoria, finocchio, insalate, navone, radicchio, rucola, sedano, spinacio)
3) ortaggi da radice (aglio, barbe rosse, carote, cipolle, pastinaca, patate, porro, ravanelli, ramolaccio, rape, scorzonera, sedano rapa)
4) ortaggi da fiori (cavolfiori, piante aromatiche come camomilla, calendula, aneto, malva, maggiorana, borragine e così via).

In questo caso la successione suggerita è la seguente: primo anno ortaggi da frutto; secondo anno ortaggi da fiore; terzo anno ortaggi da foglia; quarto anno ortaggi da radice.

Quarto anno
ortaggi da radice – patate
ortaggi da foglia – legumi e cavoli.
Conclusa la rotazione concimare il terreno e ricominciare con le patate.


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il CIRCOLO PER LA DECRESCITA FELICE


di Bergamo

da Venerdì 24 a Domenica 26
 

FESTA DEL PARCO AGRICOLO ECOLOGICO

Località Grumellina
BOZZA DI PROGRAMMA

Venerdì 24 settembre
ore 20.30 Incontri: “Il Parco Agricolo Ecologico per la grande Bergamo”
Tavola rotonda di confronto con gli Amministratori Pubblici
Auditorium dell’Oratorio di Grumello al Piano

Sabato 25 settembre
ore 10.00 Laboratorio: “La passata di pomodoro”: a cura del Circolo di Bergamo del Movimento della Decrescita Felice (su prenotazione al sito: www.decrescitafelicebergamo.org)
ore 12.30 Pastasciutta con la passata di pomodoro, taglieri misti
ore 15.00 Biciclettata per conoscere il Parco Agricolo Ecologico di Bergamo e Stezzano guidata dal Comitato PAE Partenza da Piazza Aquileia
ore 17.00 Incontri: “La riconversione dell’agricoltura locale”
Esempi concreti nel Parco Agricolo Ecologico (PAE), dintorni e provincia illustrati dagli stessi agricoltori e/o loro rappresentanti di categoria con riflessioni di Maurizio Pallante
Auditorium dell’Oratorio di Grumello al Piano
ore 18.30 Laboratorio del Gusto: a cura di Slow Food Bergamo (numero di posti limitato - contributo spese) Cascina Pesenti - Via Moraschi
ore 20.00 Ristoro a base di prodotti agricoli locali e naturali taglieri, grigliate, polenta, insalate, vini e bevande, ....Cascina Pesenti - Via Moraschi
ore 20.30 Intrattenimento musicale Cascina Pesenti - Via Moraschi
Nel pomeriggio saranno allestiti stands illustrativi del gruppo promotore nel cortile della cascina

Domenica 26 settembre
ore 09.30 Apertura del mercato agro-alimentare di “Mercato e Cittadinanza”
Vendita diretta da parte degli agricoltori di prodotti locali e naturali Stands illustrativi delle Associazioni promotrici Piazza Aquileia - Via Tagliamento
ore 11.00 Laboratorio del Gusto: a cura di Slow Food Bergamo (numero di posti limitato - contributo spese) Cascina Pesenti - Via Moraschi
ore 12.30 Ristoro a base di prodotti agricoli locali e naturali: taglieri, grigliate, polenta, insalate, vini e bevande, ...Cascina Pesenti - Via Moraschi Pranzo vegetariano su prenotazione a cura della Cooperativa Biplano Circolo Arci – Via Gorizia
Nel pomeriggio animazione in Piazza
ore 14.30 Incontri “Per un mercato agricolo periodico e un negozio stabile di alimentari a Grumello” Luogo da definire
ore 16.00 Musica Folk RATAPLAN Circolo Arci – Via Gorizia
ore 18.00 Chiusura della festa con aperitivo Piazza Aquileia


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Difesa da parassiti animali e da patologie fungine con prodotti ammessi in Agricoltura Biologica




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La torba



La torba rappresenta il più importante materiale di origine organica utilizzato, al naturale oppure, miscelato con altri prodotti, nella coltivazione di piante ornamentali. Deriva dalla lenta decomposizione di specie vegetali acquatiche in ambiente freddo e umido. La Torba è una formazione carboniosa relativamente recente derivata dalla vegetazione di sfagni e muschi in zona paludosa. Ha scarso potere calorifero, distillata da acido acetico. E' un prodotto di lenta trasformazione di residui vegetali, avvenuta nel corso dei secoli. Il suo
contenuto di fosforo e potassio è ridotto ad un decimo di quello del letame; per tale motivo la torba può essere considerata solo come un ammendante e non un concime.

Questa sostanza è tendenzialmente acida, il suo ph va da 3,5 a 4. Perchè possa essere utilizzata al naturale deve essere corretta con l'aggiunta di carbonato di calcio in modo da diminuirne l'acidità. La maggior parte delle specie vegetali, acidofile escluse, richiede un ph compreso tra 5,5 e 6. Inoltre la torba, in particolare quella grossolana, può essere utilmente impiegata per correggere il terreno quando lo si deve rendere più acido, oppure piiù soffice.

Le torbe sono distinte commercialmente in base al colore ed al tipo di struttura, detto anche grado di macinatura. Le torbe bionde, o torbe di stagno o muschio, sono le più apprezzate per la coltivazione delle piante in vaso, e sopratutto per le piante d'appartamento; possiedono una buona capacità di ritenzione dell'acqua, in particolare i tipi fibrosi o a grana grossa, consentono un buon passaggio dell'aria ed un discreto
drenaggio. Le torbe scure sono meno adatte di quelle bionde per la coltivazione delle piante in vaso.

La torba rende il suolo meno compatto, migliorando l'aerazione ed il drenaggio. E' utilizzata per creare substrati per le colture in serra o per far germinare singoli semi di piantine delicate. La torba si trova in commercio in balle di peso variabile, quella di buona qualità è soffice e fibrosa mentre quella di qiualità inferiore è scura, umida ed appiccicosa.

Per migliorare la struttura del suolo sono necessari almeno 2 kg di torba per mq, da interrare durante la vangatura. La torba non va utilizzata secca ma prima è necessario inumidirla, il rischio di usare torba secca è quello che essa risucchi l'acqua necessaria alle piante. La torba molto fibrosa, che contiene grossi filamenti, è la migliore per i terreni sabbiosi, viceversa, quella più fine è adatta ai terreni argillosi. Nella sua composizione è bene che non ci siano semi di piante infestanti.


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La cima di rapa, un ortaggio di cui si mangiano foglie e fiori

La coltivazione della cima di rapa può risultare un’esperienza positiva specialmente per i piccoli coltivatori del nord Italia, dove questo ortaggio è ancora poco conosciuto. Coltivarla è piuttosto semplice visto che si adatta a vari tipi di terreno e non richiede particolari cure. Negli orti familiari può riuscire senza alcun intervento antiparassitario. Fornisce un prodotto molto gradito ai buongustai

La coltura della cima di rapa – o broccoletto oppure broccoletto di rapa – è diffusa nel centro Italia (Lazio) e ancora di più nel meridione (Puglia, Campania, Basilicata, Calabria) dove rappresenta un ortaggio caratteristico legato ad usanze alimentari ben radicate.
Nel nord Italia è invece un prodotto meno conosciuto, soprattutto perché non vi sono piatti tipici tradizionali legati alla cima di rapa come avviene nel meridione.
Bisogna però dire che, specialmente dall’autunno avanzato fino a marzo, pure nelle regioni settentrionali si trova con discreta facilità presso i più riforniti rivenditori di prodotti ortofrutticoli.
La conoscenza via via maggiore di piatti tipici delle nostre cucine regionali dovrebbe comunque portare ad un apprezzamento maggiore della cima di rapa, così come è successo per il broccolo verde (o calabrese).
Nel settentrione ripetute coltivazioni, anche se in superfici non molto estese, hanno dimostrato che si può ottenere un prodotto di qualità limitandosi però, per motivi climatici, alla coltura di varietà precoci.
Come si presenta la pianta
Quando è completamente formata, la pianta della cima di rapa (1) può avere un’altezza variabile da circa 40 centimetri nelle varietà precoci ad un metro e più in quelle tardive a ciclo lungo.
Le foglie hanno forme un po’ diverse, ma quasi sempre risultano evidenti dei lobi ed il picciolo. La lunghezza complessiva delle foglie può superare facilmente i 30 centimetri. Sono in genere lisce ed hanno colore verde medio-verde chiaro.
I fiori sono riuniti in infiorescenze (2) e rappresentano, assieme alle foglie che le circondano, la parte che si utilizza. L’infiorescenza è larga attorno ai 5 centimetri nelle varietà dotate di maggiore precocità, mentre in quelle più tardive raggiunge i 10 centimetri.
I fiori sono di colore giallo. Quando viene raccolta l’infiorescenza (con i fiori chiusi), se le condizioni climatiche lo consentono si sviluppano dei germogli laterali, i quali emettono infiorescenze secondarie che vanno raccolte e utilizzate sempre quando i fiori sono ancora chiusi.
Le radici si sviluppano abbastanza in superficie e sono piuttosto simili tra loro (fascicolate), soprattutto nelle piante sottoposte a trapianto.
La durata del ciclo di coltivazione dipende dalla maggiore o minore precocità delle varietà. In quelle precoci è di 50-60 giorni dalla germinazione del seme, in quelle più tardive arriva a 170-180 giorni.
La cima di rapa predilige un clima mite
La cima di rapa è un ortaggio caratteristico delle zone mediterranee e dimostra minore resistenza al freddo rispetto alla rapa.
Ripetute gelate, come quelle che si verificano in pianura padana in prossimità dell’inverno, possono danneggiarla in modo piuttosto serio. Per questo è più adatta alle zone miti del centro e del meridione. Comunque nel nord si può programmarne la coltivazione in modo da raccoglierla completamente prima dei grandi freddi.
Nelle zone del meridione in cui rappresenta una coltura tradizionale, la cima di rapa viene coltivata, pur se in misura decisamente minore rispetto al periodo autunno-invernale, anche nei mesi caldi.
Non appena si forma l’infiorescenza questa viene subito raccolta altrimenti i fiori si aprono e il prodotto risulta di qualità gustativa inferiore.
Per fornire elevate produzioni abbisogna di ripetute irrigazioni, specialmente nella fase estiva della coltura ed anche in autunno – almeno nella prima parte – se le piogge fossero scarse.
In commercio si possono trovare diverse varietà
I semi di cima di rapa si trovano abbastanza facilmente presso i rivenditori anche nel nord Italia. La differenza tra le varietà si basa soprattutto sulla durata del ciclo colturale e sullo sviluppo delle piante che, di regola, è maggiore in quelle più tardive.
Le varietà più diffuse sono: Quarantina (A), Sessantina (B), Novantina (C), Centoventina (D), o 120 giorni o Gennarese. Di queste varietà esistono alcune selezioni.
Nelle regioni settentrionali è consigliato adottare quelle più precoci (Quarantina, Sessantina) per poter raccogliere prima delle forti gelate invernali.
Nel centro-sud sono in commercio, oltre a quelle menzionate, varietà e selezioni che si possono trovare localmente, come Aprilatica (E) e diverse altre.
Si adatta a vari tipi di terreno
L’adattabilità della cima di rapa a vari tipi di terreno è piuttosto elevata. Essendo una coltura che trascorre spesso nel terreno l’autunno e pure l’inverno, bisogna curare che lo sgrondo dell’acqua dalle aiole avvenga nel modo più rapido possibile.
La reazione (pH) del terreno più adatta è attorno a 7 (suoli neutri).
È necessario lasciar trascorrere almeno due anni prima di far tornare la cima di rapa nella stessa aiola o dopo ortaggi che appartengono alla sua stessa famiglia botanica, quella delle Crucifere (o Brassicacee), come ad esempio cavolo cappuccio, verza, broccolo, cavolfiore, cavolo di Bruxelles, cavolo toscano, cavolo rapa, cavolo cinese, rapa ed anche ravanello e rucola.
Qualche suggerimento pratico per la coltivazione
Concimazione organica. Per quanto riguarda la concimazione, bisogna essere molto prudenti nella distribuzione di concimi azotati perché questo ortaggio può accumulare nitrati (soprattutto nello stelo e nelle foglie), sostanze che potrebbero presentare problemi per la nostra salute.
In un piccolo orto si può fare anche a meno di usare concimi azotati, accontentandosi di produzioni meno abbondanti. È pure sconsigliabile distribuire letame o compost prima dell’impianto. È invece opportuno mettere a dimora la cima di rapa dopo una coltura letamata (per esempio lo zucchino) perché possa usufruire di quanto la coltivazione precedente ha lasciato nel terreno (fertilità residua).
Concimazione minerale. Per completare/integrare la dotazione di elementi nutritivi del terreno si possono poi distribuire, se possibile metà quando si vanga e metà durante i lavori di lavorazione superficiale prima del trapianto, circa 40 grammi per metro quadrato di perfosfato minerale-19 e 25-30 grammi di solfato di potassio-50.
È opportuno impiegare l’azoto solo nei terreni più poveri e nelle coltivazioni più stentate e solamente alla coltura in atto – cioè in copertura – a seconda di come si presenta la vegetazione. Si potrebbe intervenire in media tre volte impiegando in totale 15-25 grammi di solfato ammonico-20 per metro quadrato (5-8 grammi per volta).
La concimazione in copertura inizia, dopo il trapianto, quando le piante sono ben attecchite, e si ripete a intervalli di 10-12 (15) giorni. Solo in caso di vegetazione stentata si può eseguire un’altra concimazione azotata in copertura, che in ogni caso va effettuata lontano dall’inizio della raccolta (almeno un mese).
Per la concimazione sia prima dell’impianto che in copertura si possono adoperare concimi contenenti guano (ammessi nelle colture biologiche) facendo attenzione perché contiene azoto (bisogna verificare la percentuale di azoto nel concime che si usa e attenersi per le quantità da impiegare alle istruzioni allegate ai singoli prodotti).
Sistemazione del terreno. Prima di trapiantare – o seminare direttamente – bisogna curare la sistemazione delle aiole in modo che sgrondi facilmente l’acqua. In suoli compatti e pesanti è consigliabile sistemare il terreno a porche (quindi formando le aiole ad arco).
Semina. Pur essendo possibile e praticata la semina diretta seguita dal diradamento, un piccolo coltivatore può prodursi facilmente le piantine con il pane di terra da trapiantare.
A questo scopo la semina si esegue direttamente in contenitori alveolati (ad esempio delle dimensioni di cm 50x30, con 45-50 alveoli), sempre utilizzando l’apposito terriccio per semine, ponendo per sicurezza due semi per alveolo (una volta avvenuta la germinazione si tiene la piantina migliore). In un grammo sono contenuti in genere più di 500 semi.
La temperatura migliore per la germinazione è attorno ai 25° C. Le piantine, in genere, sono pronte per la messa a dimora dopo 25-35 giorni dalla semina.
In pianura padana l’epoca di semina più indicata per questa coltura è compresa tra la fine di giugno e la fine di luglio. Per le altre zone della penisola, a mano a mano che ci si sposta verso il meridione, le semine si possono ritardare fino a tutto settembre, tranne nelle aree più fresche dove è opportuno seminare circa nello stesso periodo della pianura padana. Al contrario, nelle località con i climi più miti parte delle semine vengono eseguite pure in inverno per raccolte primaverili. In ogni caso la coltura più diffusa nei piccoli orti è quella che va da metà-fine estate ad inizio primavera.
Nel meridione è diffusa la semina diretta. In questo caso, al momento della semina si tengono tra le file le distanze che si ritengono più adatte alla varietà coltivata (40-50 centimetri). In seguito, non appena le piantine si possono maneggiare, si diradano sulla fila, sempre in rapporto allo sviluppo delle varietà (20-30 centimetri). Per seminare un metro quadrato si impiegano 0,1-0,15 grammi di seme. Il seme va interrato pochissimo, al massimo 2-3 millimetri.
Trapianto. Le distanze d’impianto sono abbastanza variabili perché possono andare, a grandi linee, da 40-50 centimetri tra le file e 20-30 centimetri sulla fila. In ogni caso tali distanze dovranno venire adeguate allo sviluppo delle varietà, che è maggiore in quelle tardive.
Nel nord Italia per ottenere un regolare sviluppo delle piante è consigliabile trapiantare non oltre la terza decade di agosto.
Qualora si disponesse di piante troppo cresciute in altezza, invece che affondarle maggiormente nel terreno, è consigliabile sorreggerle con un piccolo tutore.
Pulizia dalle erbe infestanti. I lavori di coltivazione si limitano al diserbo – che si esegue con una piccola zappa e/o con un estirpatore – che deve essere molto accurato quando le piantine sono nelle prime fasi di crescita. In seguito le cime di rapa, sviluppandosi, ricoprono (ombreggiano) il terreno e gli interventi quindi si diradano o terminano.
Pacciamatura. Anche per questa coltura la pacciamatura (in special mo-do se si esegue il trapianto), pur non essendovi mol-te esperienze, potrebbe dare buoni risultati. Si possono impiegare teli plastici scuri – pure degradabili nel terreno – oppure paglia.
Irrigazione. Le colture vanno seguite già dal momento del trapianto con moderate e ripetute irrigazioni fino a quando è avvenuto l’attecchimento.
In seguito vanno irrigate in modo costante, specialmente nelle annate con andamento stagionale siccitoso.
È necessario però evitare eccessi che possono provocare ristagni e causare ingiallimenti alle foglie.
Si può coltivare senza interventi antiparassitari
Di regola la cima di rapa si ottiene senza alcun trattamento antiparassitario. Tuttavia in alcune annate potrebbero verificarsi forti attacchi di rapaiola (Pieris rapae, attorno ai 30 mm, vedi foto sotto) che potrebbero risultare particolarmente dannosi quando le piante sono nelle prime fasi di sviluppo. Se le larve sono in numero limitato è possibile raccoglierle a mano, mentre in caso di forti infestazioni si può intervenire con un prodotto a base di Bacillus thuringiensis, < COLOR="#36a6e8">non classificato (10-20 grammi in 10 litri d’acqua, 3 giorni di tempo di sicurezza, ammesso nelle colture biologiche). È più indicato trattare quando le larve sono nei primi stadi di sviluppo e verso sera.
La coltivazione organica (biologica)
La coltivazione organica risulta simile a quella sopra esposta. Nelle colture organiche invece dei concimi minerali indicati sopra è possibile adoperare, come accennato, fertilizzanti a base di guano, con la prudenza suggerita dal fatto che contengono azoto.
I prodotti antiparassitari a base di Bacillus thuringiensis indicati sopra sono ammessi anche in agricoltura biologica.
In commercio sono disponibili sementi che provengono da coltura organica (varietà Sessantina).
La raccolta si esegue prima che i fiori si aprano
La raccolta si esegue quando le infiorescenze sono completamente formate. Bisogna però eseguire il taglio prima che i piccoli fiori inizino ad aprirsi. Quando si raccoglie in ritardo, ed i fiori si presentano aperti, le cime di rapa perdono qualità. Assieme all’infiorescenza si raccolgono anche le foglie che la circondano.
Una volta asportata l’infiorescenza principale, se le condizioni climatiche lo permettono, si sviluppano i germogli laterali, che a loro volta si raccoglieranno non appena giunti a maturazione.
Quando si raccoglie l’infiorescenza principale si deve eseguire il taglio piuttosto «alto», in modo da non impedire la formazione dei germogli laterali (occorre lasciare almeno 15 centimetri di fusto). Per la raccolta si può usare un coltello ben affilato, oppure forbici da potatura.
Le cime di rapa, una volta raccolte, si pongono con delicatezza in una cassetta e si portano in un locale riparato. È da ricordare che le infiorescenze ed i germogli sono particolarmente delicati e quindi bisogna trattarli con tutte le cautele necessarie per evitare rotture che possano togliere pregio a questo prodotto.
Da 10 metri quadrati di coltivazione si possono raccogliere da 10 a 20-25 chilogrammi di prodotto, a seconda del numero di raccolte (infiorescenza principale più germogli laterali; in genere si ottengono minori quantità con le varietà precoci) che è possibile eseguire.
Va tenuto presente che nelle regioni meridionali, dove la coltura è più diffusa, il prodotto si può trovare tutto l’anno, con maggiore richiesta tra settembre e maggio.

Ecco come cucinarla

Il piatto più classico con le cime di rapa è quello che si prepara unendole alle orecchiette, possibilmente confezionate a mano. Sono apprezzate anche come contorno, semplicemente lessate e condite, oppure ripassate in padella con un po’ di aglio. Così cucinate si accompagnano bene ai formaggi, soprattutto a quelli stagionati ad iniziare dal pecorino.
Sono ottime se cucinate con le salsicce, ma nel centro-meridione i modi per prepararle sono numerosi.
Si può poi, mettendo assieme un prodotto del nord come il riso e del sud come le cime di rapa, preparare un gustoso risotto.
Una particolare attenzione si dovrà prestare nel pulirle per eliminare, eventualmente, le parti un po’ troppo «dure» (come ad esempio alcuni piccioli delle foglie o una loro porzione).
Va ricordato che dopo la scottatura in acqua bollente, ed il completo raffreddamento, si può conservarle in congelatore in sacchetti di polietilene per alimenti.
(1) Il nome botanico della cima di rapa (che appartiene alla Famiglia delle Crucifere o Brassicacee) è Brassica rapa, ma in alcuni testi viene espresso in modo più preciso: Brassica rapa, subspecie sylvestris varietà esculenta.
(2) L’infiorescenza della cima di rapa è un corimbo, i singoli fiori cioè sono portati da peduncoletti di lunghezza diversa in modo che dall’esterno paiono tutti alla stessa altezza.
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