“Di questo passo non avremo più terreno da coltivare e non potremo più produrre il cibo che ci serve”.
A lanciare il grido d’allarme è Alberto Brivio, presidente di Coldiretti Bergamo, preoccupato per “il consumo scriteriato del suolo agricolo che si sta facendo nella nostra provincia”.
Secondo quanto fa sapere la Coldiretti bergamasca sarebbero 257.142.857 i panini che si potrebbero produrre ogni anno se venisse seminato il grano sulla superficie destinata alla realizzazione di opere quali la Brebemi, la Tav o l’ex IPB.
“Già oggi – ammonisce Brivio – un italiano su quattro non può mangiare “made in Italy” perché negli ultimi anni è andata persa la superficie che ci garantiva l’autosufficienza alimentare”.
Facendo riferimento specifico alla provincia di Bergamo gli ettari di terreno coltivabile destinati alla costruzione della Brebemi, della Tav e per l’ex IPB sono 3.293: un’area che avrebbe potuto potenzialmente produrre 395.160 quintali di mais da granella, 2.140.450 quintali di mais da trinciato e 197.600 quintali di frumento.
“Stiamo assistendo impotenti alla continua erosione del nostro patrimonio agricolo e ambientale, con gravi danni per noi e per le generazioni future. Il fatto più allarmante è che non si sta facendo nulla per salvaguardare il territorio agricolo di particolar pregio e più vocato alla coltivazione”.
“Si continua a parlare delle strade come di un elemento fondamentale per lo sviluppo – prosegue Brivio - ma quando si parla di opere “fotocopia” come la Bergamo Treviglio, quasi parallela alla A4, di quale sviluppo stiamo parlando se i nostri figli avranno sempre meno suolo coltivabile per aumentare le produzioni di cui necessitano?”.
“Potremo parlare di vero sviluppo – conclude Brivio – quando riusciremo a gestire in modo ragionato e razionale un bene importante come il territorio in cui viviamo, in particolare quello agricolo che è indispensabile per produrre ciò di cui ci alimentiamo. Il mondo agricolo non è contrario per principio alla realizzazione di infrastrutture utili alla comunità, ma pone con forza le questione di come si possa conciliare l’idea di uno sviluppo reale e durevole con la perdita irreversibile ogni anno di superficie produttiva, che nella sola provincia di Bergamo è stimata in circa 200 ettari”.
Bergamonews - 10 luglio 2012
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